Sake: quando e come si beve

Da quando la cucina giapponese ha cominciato a riscuotere successo anche nel nostro Paese, parole come sushi e sashimi sono diventate all’ordine del giorno. E lo stesso vale anche per il sake, la bevanda alcolica a base di riso che abbiamo visto consumare centinaia di volte dai personaggi dei nostri cartoni animati preferiti (e non solo).

Ma cosa sappiamo davvero sul sake giapponese? Cerchiamo di scoprire insieme come si produce, come si beve e soprattutto qual è il momento perfetto per poter degustare questa bevanda alcolica tipicamente orientale.

Sake significato e storia

Prima ancora di capire come bere il sake, è importante definirne il significato e l’origine, che ha una valenza piuttosto importante nella storia del Giappone. Anzitutto, è bene precisare che il termine sake non significa altro che bevanda alcolica, anche se a seconda della diversa zona di produzione può assumere valenze diverse. In ogni caso, quello che noi in Occidente conosciamo come sake è il nihonshu, ossia il vino di riso, una bevanda alcolica ottenuta dalla fermentazione di riso, acqua e spore koji.

Questa particolare preparazione sembra risalire al III secolo a.C. (periodo Jomon), quando il riso cominciò ad essere coltivato in maniera piuttosto intensiva e una parte del raccolto veniva destinata alla fermentazione per produrre una bevanda alcolica e dal potere inebriante. Nel corso dei secoli, poi, le tecniche di produzione del sake furono migliorate di continuo, fino a renderlo praticamente uno tra i prodotti più consumati del Giappone. Durante la Seconda Guerra Mondiale, data la forte carenza di riso (che veniva destinato alla nutrizione del popolo), le fabbriche di sake cominciarono ad aumentare la dose di alcol aggiunto durante la produzione. Ecco perché tuttora è possibile distinguere due diverse tipologie di sake: il futsuu-shu (sake normale), prodotto con l’aggiunta di alcol alla fermentazione del riso, e il tokutei meishoshu (sake per occasioni speciali), la cui produzione non prevede l’aggiunta di alcol distillato, bensì il solo utilizzo del riso.

Come si produce il sake?

Come già detto, il sake è una bevanda alcolica prodotta utilizzando chicchi di riso. Chiaramente, non si tratta della medesima tipologia utilizzata nella cucina tradizionale giapponese, bensì del Sakamai, un riso che si distingue per via dei chicchi più grandi del normale, che ben resistono alla raffinatura a cui sono sottoposti: all’inizio della produzione, infatti, questi vengono levigati a mano per rimuovere gli strati esterni, riducendo così il volume iniziale del chicco del 50/70 % circa. Rimane così il cuore – formato per lo più da amido – morbido e poroso, il che lo rende perfetto per accogliere le spore di koji (Aspergillus Oryzae), una muffa che riesce a trasformare l’amido di riso in zuccheri fermentabili: il koji, mescolato ad acqua e riso al vapore, viene impastato a mano e poi lasciato all’interno di vasche contenenti altro riso.

A questo punto inizia la prima fermentazione, della durata di circa quattro settimane, durante le quali questa particolare miscela si trasforma in mosto, con un contenuto alcolico pari all’11%. Terminato questo periodo di tempo, si aggiunge alla miscela altro riso al vapore, acqua e koji. Inizia così la seconda fermentazione, al termine della quale il sake viene pastorizzato, filtrato e poi imbottigliato. Da questo processo, deriva una sake gradazione alcolica che oscilla tra i 15 ed i 17 gradi, un valore piuttosto adatto per una bevanda che si presta ad accompagnare il pasto.

Sake: come e quando si beve

Anzitutto, cerchiamo di rispondere alla domanda quando si beve il sake? In Giappone, questo viene consumato soprattutto durante gli aperitivi o le cene nelle izakaya, locali tradizionali dove ci si reca quasi esclusivamente per bere sake o altri tipi di vini. Altra occasione perfetta per degustare questa bevanda è quella degli eventi celebrativi o matrimoni, in cui spesso la cerimonia del sake rappresenta un vero e proprio rituale di unione tra famiglie. Nel corso di queste occasioni, il sake viene servito ai commensali all’interno di piccoli recipienti di ceramica, altrimenti denominati tokkuri, per poi essere versato in bicchieri che prendono il nome di choko.

Quando si parla di come bere il sake, invece, sorge sempre il dubbio su come questo debba essere servito: caldo o freddo? In realtà, questa bevanda alcolica giapponese può essere bevuta a qualunque temperatura, a discrezione delle vostre preferenze, dalla tipologia di sake e persino dalla stagione: chiaramente, il sake freddo (reishu) viene preferito soprattutto nei mesi più caldi dell’anno, mentre quello caldo (atsukan) è più adatto alle temperature invernali. In ogni caso, spesso viene servito sake caldo per mascherare una qualità troppo scadente della bevanda o per evitare che il cliente si accorga che la bottiglia è aperta da troppo tempo. Questo significa quindi che sarebbe meglio consumare sake freddo – 10° circa – o a temperatura ambiente. Nel caso in cui invece preferiate provare questa bevanda calda, allora il tokkuri verrà immerso nell’acqua bollente per far sì che il sake raggiunga la temperatura di 50°.

Chiarito questo, va ricordato che le diverse tipologie di sake possono essere abbinate praticamente con ogni tipo di cibo: quelli più delicati, ad esempio, ben si prestano per essere abbinati con pesce e verdure, mentre i più corposi riescono bena ad accompagnare la carne. Insomma, questo può dimostrarsi davvero la bevanda perfetta per l’intero pasto, anche in virtù del sake grado alcolico. Al di là della tradizione, qualcuno è solito tentare l’accoppiata sake sushi. Sfortunatamente, sembra che non sia un’abitudine troppo apprezzata dai giapponesi, che sostengono potrebbe venirsi a creare un conflitto di sapori, dato che entrambi i prodotti sono a base di riso. In ogni caso, se riuscite a sopportare i sake gradi alcolici, allora potete davvero provare questa bevanda come meglio preferite, anche come base di gustosissimi cocktail.

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